Un territorio di incontro e di scontro
Il percorso si snoda attraverso un altopiano di steppe, in un paesaggio lunare spazzato dal vento, punteggiato da piccoli vulcani e querce solitarie. Su ogni altura, a ricordare il clima di tensione che pervade la regione, basi militari e carri armati abbandonati o distrutti. Distese interminabili di campi ancora minati, per scoraggiare una nuova invasione, si stendono a vista d’occhio.
Il Golan è sempre stata la strada più semplice per muoversi da Damasco al Mediterraneo e sin dai tempi delle grandi civiltà del medio oriente fino all’avvento dell’Islam, alle crociate e alle epoche più recenti è stato terreno di scontro. Sottratto alla Siria e conquistato da Israele nel 1967, durante la Guerra dei sei giorni, è stato di fatto annesso a Israele nel 1981 senza il consenso dalla comunità internazionale. Anche se il Golan non ha mai fatto parte della Palestina del mandato Britannico gli Israeliani lo ritengono essenziale per la sicurezza dello stato non solo dal punto di vista militare ma anche quello idrico dato che vi si trovano le principali sorgenti d’acqua. I siriani se ne sono andati dopo aver perso la guerra ma ancora oggi gli anziani di Damasco ricordano i mercanti che vendevano il pesce fresco del lago di Tiberiade mentre i kibbutzim Israeliani ricordano gli spari dei cecchini Siriani nei campi lungo il confine. Gli unici abitanti che hanno continuato ininterrottamente a vivere qua sono i drusi, un gruppo etnoreligioso che pratica un culto segreto ed esoterico ma che, non avendo pulsioni nazionaliste, non è visto da Israele come un problema. Per qualche giorno si cammina lungo il confine Siriano, ora protetto da una recinzione, visti i numerosi sconfinamenti agli inizi della guerra civile in Siria ed è strano vedere a pochi chilometri di distanza le rovine di Quneitra che fino a pochi anni fa era occupata dall’ISIS.